COMPENSI agli AMMINISTRATORI

COMPENSI agli AMMINISTRATORI

Il compenso amministratori è la retribuzione corrisposta all’amministratore di una società a seguito del ruolo che ricopre e dei compiti che svolge. Il reddito derivante dall’attività di amministratore può rientrare fra i redditi assimilati ai redditi di lavoro dipendente (corrisposti attraverso la predisposizione di un vero e proprio cedolino paga da parte della società) oppure nell’ambito dell’attività professionale, quando l’attività di amministratore può essere considerata oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della professione abitualmente esercitata.

L’amministratore di una società può rivestire tre diverse cariche:

  1. la carica di Amministratore Unico,
  2. la carica di Presidente del Consiglio di amministrazione,
  3. la carica di Consigliere di amministrazione.

Il rapporto di lavoro dipendente è incompatibile con la carica di Amministratore Unico o con la carica di Presidente del C.d.A, nel caso della presenza di un Consiglio di Amministrazione, poiché verrebbe meno il principio della subordinazione. Infatti, si ha incompatibilità tra qualifica di amministratore e qualifica di lavoratore subordinato, quando il primo possiede tutti i poteri di controllo, gestione, comando e disciplina della società. La coesistenza nella stessa persona delle figure di amministratore e dipendente è possibile nelle situazioni descritte nella Circolare Inps n. 179/1989. In particolare, nel caso di Consigliere di amministrazione è possibile l’erogazione di un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, poiché viene mantenuto il requisito della separazione dei ruoli tra il soggetto subordinato e il titolare del potere direttivo, di controllo e disciplinare.

I compensi agli amministratori delle società di capitali sono disciplinati dalle indicazioni normative in materia di S.p.a. A disciplinare questa materia è l’Art. 2389 del Codice civile, secondo il quale: “I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea”.

La delibera assembleare di determinazione dei compensi deve essere obbligatoriamente esplicita. Infatti, come viene confermato dalla sentenza n. 3774/1995 della Corte di Cassazione non è possibile considerare tale delibera implicita in quella di approvazione del bilancio. Quindi, in assenza di un’espressa delibera assembleare o clausola statuaria, all’amministratore, socio o non socio, non spetta alcun compenso.

Di conseguenza è obbligatorio inserire all’interno dell’ordine del giorno dell’assemblea anche il punto in merito alla determinazione dei compensi degli amministratori, dal momento che presenta un contenuto differente rispetto alla deliberazione di approvazione di bilancio, essendo la prima volta a controllare la legittimità di un atto e la seconda diretta alla determinazione del compenso.

Per quanto riguarda le S.r.l. non esiste una vera e propria disciplina per l’erogazione di compensi, ma non esistono ragioni per discostarsi dall’Art. 2839 adottato per le S.p.a. e dall’Art. 1709 riguardo la presunzione di onerosità, secondo il quale “Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilità dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”.

Sempre l’Art. 2389 definisce le caratteristiche dei compensi, che “possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall’attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione”. Il compenso può essere pagato con la periodicità desiderata: annuale, mensile, trimestrale, ecc. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2437/2016 ha affermato, inoltre, che l’Amministrazione Finanziaria ha il potere di valutare la congruità dei compensi. Il controllo da parte dell’A.F. sulla congruità dei compensi erogati viene svolto per smascherare un’eventuale distribuzione di utili.

Sempre la Corte di Cassazione, con sentenza n. 24139/2018, precisa che il fatto di riconoscere un compenso agli amministratori non ne conferisce l’obbligo. Infatti, l’amministratore può svolgere i suoi compiti in modo gratuito, attraverso apposita clausola statutaria o contrattuale, o rinunciare al compenso anche in modo tacito.

Mentre per le società di capitali esiste una normativa specifica per disciplinare la distribuzione compensi agli amministratori, per le società di persone (S.n.c. e S.a.s.) la questione è molto discussa. Secondo la maggioranza si segue la disciplina dall’Art. 1709 del Codice civile che stabilisce che “Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilità dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”, quindi anche agli amministratori delle società di persone può essere erogato un compenso. D’altra parte, secondo la Corte di Appello di Milano, nel caso in cui non sia presente il conferimento di uno specifico mandato separato dal contratto sociale, l’attività amministrativa rappresenta una qualità legata all’attività di socio; quindi, non definisce il diritto a quest’ultimo di ricevere un compenso.

Si presume, infatti, che al momento della stipula del contratto sociale il tema della soddisfazione economica del socio per lo svolgimento dell’attività amministrativa sia già stato affrontato e non ci sia la necessità di stabilire un compenso separato ulteriore rispetto alla partecipazione agli utili.

Il compenso amministratori, la retribuzione corrisposta all’amministratore di una società a seguito del ruolo che ricopre e dei compiti svolti, è disciplinato dall’Art. 2389 del Codice civile e può assumere diverse forme:

  • Compenso in misura fissa, deducibile nell’esercizio in cui è corrisposto;
  • Partecipazione agli utili, quindi in misura variabile in base agli utili e calcolata sugli utili netti risultanti dal bilancio, dopo aver dedotto la quota da imputare a riserva legale e altre riserve;
  • Compenso misto, costituito da una base fissa più una parte variabile in base agli utili;
  • Compenso variabile in base al volume d’affari;
  • Elementi aggiuntivi come il TFM (Trattamento di Fine Mandato) e compensi diversi in natura o benefici supplementari.

Congruità del compenso

La valutazione di congruità dei costi e dei ricavi rientra tra i poteri di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria, la quale può procedere alla rettifica delle dichiarazioni o negare la deducibilità di parte di un costo, ove questo superi il limite oltre il quale non possa essere ritenuto inerente ai ricavi o all’oggetto dell’impresa.

In particolare, la Corte di Cassazione in alcune sentenze ha affermato che:

  • L’Amministrazione Finanziaria, secondo la tesi restrittiva, ha il potere di valutare la congruità dei costi in base a parametri come la dimensione della società erogante, l’ammontare del giro d’affari e l’ammontare del reddito conseguito;
  • Il fisco non è vincolato alla delibera di attribuzione del compenso;
  • Oltre l’esistenza del costo, è necessario comprovarne anche l’inerenza in senso quantitativo;
  • Il contribuente ha l’obbligo di fornire plausibili ragioni per giustificare l’ammontare del compenso. Infatti, secondo la tesi permissiva, la spettanza e la deducibilità dei compensi si determina anche dal consenso che si forma tra le parti, senza che all’AF sia riconosciuto un potere specifico di valutazione di congruità.

Le contestazioni sulla congruità del compenso pagato agli amministratori nascono principalmente dal fatto che, secondo l’Amministrazione Finanziaria, potrebbero rappresentare un artificio elusivo volto a distribuire utili mascherandoli da compensi.

Gratuità del compenso

L’incarico di amministratore, come noto dall’art. 2389 del Codice civile, ha natura “presuntivamente onerosa, sicché egli, con l’accettazione della carica, acquisisce il diritto di essere compensato per l’attività svolta in esecuzione dell’incarico affidatogli”. Esiste la possibilità che non sia previsto un compenso, ossia che l’amministratore svolga la propria attività a titolo gratuito; questo dovrebbe essere esplicitato da apposita delibera assembleare. Inoltre, gli amministratori possono decidere di rinunciare al loro compenso esercitando in modo gratuito l’attività per la società. La rinuncia al compenso deve risultare espressamente e non in modo implicito, quindi esplicitata da apposita delibera assembleare. Inoltre, la rinuncia è rilevante anche sotto il profilo contributivo e previdenziale in quanto l’obbligo contributivo non opera in caso di gratuità del mandato.

Delibera assembleare

La delibera assembleare di determinazione dei compensi erogati agli amministratori deve essere obbligatoriamente esplicita, come sottolinea la Corte di Cassazione nella sentenza n. 3774 del 1995. Di conseguenza, è obbligatorio inserire all’interno dell’ordine del giorno dell’assemblea anche il punto in merito alla determinazione dei compensi degli amministratori.

In caso di mancanza di una specifica delibera assembleare, non è permessa la deduzione ai fine IRES dei compensi degli amministratori, in quanto non preventivamente autorizzati da un’assemblea

Deducibilità del costo

Secondo l’Art. 95, c. 5 del Tuir: “I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti; quelli erogati sotto forma di partecipazione agli utili, anche spettanti ai promotori e soci fondatori, sono deducibili anche se non imputati al conto economico.”

Il compenso amministratori, in quanto componente negativo di reddito per l’Art. 109, cc. 4 e 5 Tuir, è deducibile in presenza dei seguenti requisiti:

  • Imputazione al conto economico relativo all’esercizio di competenza, come le spese e gli altri componenti negativi ammessi in deduzione;
  • Elementi certi e precisi, sia per spese e oneri specificamente afferenti ai ricavi sia per altri proventi che, pur non risultando imputati al conto economico, concorrono a formare il reddito;
  • Inerenza, le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi.

Il compenso amministratori deve essere contabilizzato in bilancio secondo il principio di competenza ma, essendo assimilato al lavoro dipendente, è fiscalmente deducibile secondo il principio di cassa allargato, secondo il quale tra i costi da imputare nell’anno in chiusura sono da considerare anche i compensi erogati fino al 12.01 dell’anno successivo, se riferiti a prestazioni eseguite nell’anno precedente. Quindi, pur se contabilizzati in bilancio nell’esercizio in cui maturano (principio di competenza), fiscalmente sono deducibili nell’esercizio in cui vengono corrisposti (principio di cassa).

Il principio di cassa allargato non è applicabile alle società con periodo d’imposta diverso dall’anno solare o se il compenso viene erogato all’amministratore professionista, in possesso di partita Iva. In questo caso il costo sarà deducibile nell’esercizio della corresponsione secondo il principio di cassa “ristretto”.

Per l’applicazione del principio di cassa i pagamenti si intendono effettuati e percepiti nel momento in cui le somme sono nella disponibilità del percettore. Il pagamento mediante assegni bancari o circolari si considera effettuato quando il destinatario lo riceve. Per gli incassi mediante bonifici, la data rilevante è quella in cui il lavoratore riceve l’accredito sul conto corrente.

Deducibilità ai fini IRAP

Compensi corrisposti a professionisti

I compensi per l’incarico di amministratore corrisposti a professionisti che esercitano un’attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale sono deducibili per l’impresa erogante (circ. Agenzia delle Entrate 12.12.2001 n. 105).

Compensi corrisposti a co.co.co.

I compensi corrisposti ad amministratori, in quanto redditi di lavoro dipendente o a questi assimilati, sono indeducibili (art. 5 co. 1 del DLgs. 446/97), fatta salva l’applicazione delle deduzioni eventualmente spettanti ai sensi dell’art. 11 del medesimo DLgs. 446/97.

Il trattamento fiscale per i compensi degli amministratori è differente a seconda che l’amministratore della società possegga o meno una partita Iva.

Trattamento fiscale del compenso dell’amministratore senza partita Iva:

  • Per la società che eroga il compenso: la deduzione avviene secondo il principio di cassa allargato (quindi se pagato entro il 12.01.X+1 concorre nell’anno X).
  • Per l’amministratore: costituisce reddito assimilato al lavoro dipendente da tassare secondo il principio di cassa allargato (quindi se incassato entro il 12.01.X+1 concorre nell’anno X).

Trattamento fiscale del compenso dell’amministratore con partita Iva:

  • Per la società che eroga il compenso: la deduzione avviene secondo il principio di cassa ordinario.
  • Per l’amministratore: costituisce reddito da lavoro autonomo ex art. 54 del Tuir, da tassare per cassa secondo il proprio regime fiscale.
   

Imponibilità per l’amministratore

Deducibilità per la società

Compensi amministratori senza Partita Iva anno 2022

Erogati entro il 31.12.2022

Reddito 2022

Deducibilità 2022

Erogati entro il 12.01.2023

Reddito 2022

(p. cassa allargato)

Deducibilità 2022

(p. cassa allargato)

Erogati dal

13.01.2023 al 31.12.2023

Reddito 2023

Deducibilità 2023

Compensi amministratori con Partita Iva anno 2022

Erogati entro il 31.12.2022

Reddito 2022

Deducibilità 2022

Erogati entro il 12.01.2023

Reddito 2023

(p. cassa ristretto)

Deducibilità 2023

(p. cassa ristretto)

Erogati dal

13.01.2023 al 31.12.2023

Reddito 2023

Deducibilità 2023

 Adempimenti e contributi INPS

La qualifica di amministratore fa sorgere l’obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps e di pagamento dei relativi contributi (legge 335/1995). Gli amministratori devono presentare domanda di iscrizione alla sede INPS territorialmente competente e in caso di cessazione dell’incarico, la comunicazione deve essere effettuata nei 30 giorni precedenti. I contributi previdenziali sono pagati dalla società entro il 16 del mese successivo a quello di pagamento del compenso e gravano in maniera diversa a seconda che gli amministratori siano in possesso di un’altra copertura previdenziale, siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria o siano titolari di pensione diretta. Il diritto alla pensione sorge dopo minimo cinque anni di pagamento dei contributi alla gestione separata INPS.

I contributi previdenziali dovuti sul compenso dell’amministratore si deducono per competenza e non sono soggetti al principio di cassa.

Contributi INAIL

Il D.Lgs. 38/00 obbliga gli amministratori alla tutela assicurativa Inail, nel caso in cui svolgano le attività previste dall’art. 1 del D.P.R. 1124/1965 o si avvalgano, per l’esercizio delle proprie mansioni, non in via occasionale, di veicoli a motore da essi condotti. Sono esclusi da tale obbligo assicurativo:

  • Gli amministratori delegati ai quali il consiglio conferisce tutti i poteri di gestione ed il cui ruolo tende a coincidere con quello dell’imprenditore;
  • Gli amministratori che non svolgono nessuna delle attività a rischio prescritte dalla legge;
  • Gli amministratori quando sono liberi professionisti o dottori commercialisti;
  • Gli amministratori che ricoprono l’incarico nell’ambito della propria professione abituale.

Il premio dovuto viene calcolato sull’ammontare dei compensi percepiti dagli amministratori nel corso dell’anno, considerando i minimali e i massimali di legge previsti per il calcolo delle rendite assicurative. La base imponibile utilizzata per il calcolo è costituita da tutte le somme ed i valori in genere nel periodo di imposta. Il premio assicurativo è ripartito nella misura di 1/3 a carico del lavoratore e di 2/3 a carico del committente. Inoltre, sono esclusi dalla formazione del reddito i contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge.

Il premio INAIL viene pagato mediante un’autoliquidazione entro il 16 febbraio di ogni anno, quando viene calcolato il premio anticipato per l’anno in corso sulla base delle retribuzioni effettive dell’anno precedente e viene regolato il premio relativo all’anno precedente. Il versamento può avvenire anche tramite rate.

Certificazione Unica

La società che eroga il compenso all’amministratore è tenuta ad applicare le norme sul lavoro dipendente ex. Art. 50, c. 1 del TUIR, secondo il quale il sostituto ha l’obbligo di applicare le ritenute con scaglioni di imposta, di effettuare il conguaglio fiscale e di rilasciare la Certificazione Unica. La ritenuta deve essere versata mediante modello F24 il 16 del mese successivo al pagamento del compenso, utilizzando due codici diversi a seconda che l’amministratore sia assimilato a lavoratore dipendente (codice 1001) sia che risulti come lavoratore autonomo (codice 1040).

Rilevazione contabile del compenso

I compensi amministratori sono da classificare nel bilancio d’esercizio in cui vengono maturati per competenza nella voce B.7 dei “Costi per servizi”. Nel caso di compensi da corrispondere agli amministratori ma non ancora erogati al termine dell’esercizio, la loro classificazione sarà tra i debiti dello Stato Patrimoniale, nella voce D.14 degli “Altri debiti, importi esigibili entro l’esercizio successivo”.