Gli investimenti e gli standard ESG

Gli investimenti e gli standard ESG

(A cura di Giulia Paolini)

Durante gli ultimi anni l’attenzione nei confronti delle problematiche ambientali risulta essere sempre più forte, tant’è che la società ha “imposto” che questa attenzione ci debba essere anche da parte delle imprese.

Questo è un aspetto fondamentale, che trova riscontro anche in situazioni storiche: nel passato, e in particolare con Friedman, le imprese avevano come unico compito quello di massimizzare il valore corrente del capitale economico; con il passare del tempo invece, si sono sviluppati altri filoni teorici che hanno cercato di sottolineare una forma di responsabilità etica dell’impresa nei confronti degli stakeholders (attuali e potenziali).

Questi filoni si basavano sul tema della responsabilità sociale dell'impresa; l’idea comune era che la massimizzazione del valore del capitale economico non fosse più sufficiente nei confronti delle variegate entità che si interfacciavano con le imprese. A ciò si è aggiunto, e non da oggi, la consapevolezza crescente della necessità della salvaguardia dell’ambiente e del clima a 360 gradi (ad es. Accordo di Parigi del 2015 e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile). Negli anni le istituzioni europee hanno cercato di promuovere la sensibilità su queste tematiche anche all’interno delle imprese e dei mercati finanziari. Basti pensare al tema dell’economia circolare: uno dei principi che la regola è quello della responsabilità estesa del produttore, e quindi una corporate stakeholder responsability a beneficio di molteplici stakeholder.

Questo percorso virtuoso dalla società comune alle imprese ha reso necessario stabilire dei parametri che potessero “misurarne” la sostenibilità e perdipiù fossero il più oggettivi possibili: è da questa esigenza che nascono i CRITERI ESG (Environmental, Social, and Governance), che rappresentano degli standard, introdotti in ambito economico/finanziario, in grado di indicare tutte le attività legate ad un investimento responsabile. I parametri di valutazione “ESG” sono molto ampi e raccolgono tematiche riguardanti l’ambiente (e quindi gli aspetti anche legati al clima o ad esempio alla deforestazione), sociali (come quelli che riguardano il capitale umano, la valorizzazione delle diversità, etc) e infine la governance, che è forse il più difficile da definire, e racchiude aspetti come la corruzione, la trasparenza aziendale e/o eventuali difese di takeover.

Le banche dati ESG sono disponibili da pochi anni, a partire dall’estate del 2017. Questi parametri hanno preso sempre di più piede, tanto che oggi due imprese con lo stesso livello di rischio, ma ranking ESG differenti avranno un costo del capitale differente: l’impresa con valori di ranking ESG migliori avrà un costo del capitale più basso, e, quindi, a parità di flussi finanziari, un maggiore valore d’impresa. Possiamo dunque affermare che la performance di un’impresa in termini economici non è più sufficiente per effettuarne una valutazione oggettiva soddisfacente e completa.

Questo fatto influisce ovviamente non solo sulle imprese ma anche sul mercato dei capitali: un’impresa “ESG compliance” risulterà sicuramente più interessante e al passo con i tempi di un’impresa che ancora non lo è. Non solo: le nuove direttive ESMA impongono controlli stringenti sulle preferenze ESG dei clienti e di conseguenza incentivano e spingono le imprese a adeguarsi sempre più in fretta, per non rischiare di perdere una fetta importante del mercato.

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