“OPEN INNOVATION” / INNOVAZIONE APERTA

“OPEN INNOVATION” / INNOVAZIONE APERTA

L’espressione “Open Innovation”, letteralmente “Innovazione aperta”, è stata coniata probabilmente da Henry Chesbrough, economista e autore statunitense, che, in un saggio pubblicato nel 2003 dalla Harvard Business School Press, ha esposto il nuovo paradigma in un libro intitolato proprio Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology”.

GLOBALIZZAZIONE e R&S

Lo studioso Chesbrough rifletteva sul fatto che la globalizzazione avesse reso sempre più costosi e rischiosi i processi di ricerca e sviluppo, perché il ciclo di vita dei prodotti era diventato più breve. Secondo Chesbrough il paradigma della “Closed Innovation”, ovvero la ricerca fatta all’interno dell’impresa, non poteva più essere sufficiente, nonostante i timori delle aziende di perdere l’unicità delle invenzioni ed il diritto alla tutela della proprietà intellettuale.

Il paradigma dell’Open Innovation ha potuto nascere e svilupparsi dunque, perché negli ultimi anni è emerso chiaramente che l’innovazione chiusa delle imprese non era più in grado di supportarne la crescita: da una parte le conoscenze viaggiavano ad una velocità sempre maggiore, così come i talenti, sempre più difficili da trattenere; inoltre i mercati dei capitali avevano cominciato a focalizzarsi anche su aziende più piccole, startup e scaleup, basate su modelli di business e approcci completamente nuovi rispetto al passato, favorendone lo sviluppo autonomo.

COS’E’ L’OPEN INNOVATION

L’Open Innovation è una grande opportunità per le aziende.

Si tratta di un approccio che si posiziona all’opposto rispetto al consueto processo di innovazione aziendale, tutto strutturato all’interno dell’azienda, dal settore Ricerca e Sviluppo al prodotto finale. L’Open Innovation invita e suggerisce alle imprese che vogliono evolversi di guardarsi intorno, fuori dal proprio perimetro diretto, cogliendo idee, modelli, iniziative anche al di fuori dell’azienda. Le imprese sono quindi chiamate a volgere l’attenzione all’esterno, a prendere in considerazione il mondo delle startup, a dialogare con le università, gli enti di ricerca, ad utilizzare le relazioni con altre imprese, fornitori, clienti, per co-innovare, a coinvolgere inventori, programmatori e consulenti, ad immaginare nuovi possibili modelli di business.

Ci sono casi di imprese che sono riuscite ad innovare utilizzando nel modo più appropriato idee nate da dipendenti, collaboratori, ricercatori o startup. Altre imprese invece non hanno colto queste opportunità, forse perché troppo concentrate su sé stesse. Chi, oggi, tra le aziende italiane può dirsi  talmente strutturata da non necessitare di uno scambio con l’esterno?

La formula dell’Open Innovation prevede che un’azienda possa accedere alle innovazioni disponibili sul mercato integrandole con il proprio modello di business. Un processo del genere “costa spesso meno” rispetto a percorsi di innovazione tutti “interni”, consente un tempo minore per passare dalla fase di ideazione al mercato. In pratica può diventare più competitivo non chi produce al proprio interno le migliori innovazioni, ma chi riesce a creare prodotti e servizi innovativi modulando al meglio ciò che viene da dentro e ciò che può ricavare da soggetti esterni dal perimetro aziendale.

Ma come gestire il modello di Open Innovation?

Alcune aziende hanno declinato il problema organizzando le cosiddette “call for ideas”, veri e propri concorsi di idee solitamente rivolti a persone o imprese attive in specifici settori di mercato. Ciò al fine di selezionare idee e percorsi nei quali di investire, direttamente o indirettamente, scegliendo appunto tra le realtà che hanno proposto le innovazioni più sinergiche e promettenti.

Spesso le challenge garantiscono anche speciali premi riservati ad uno o più dei partecipanti, per attrarre il maggior numero di candidati, quale gratificazione materiale per i contendenti migliori e per dare maggior rilievo alle realtà innovative che hanno suscitato maggiore.

Altro metodo o strumento per avvicinare imprese e idee innovative è la costituzione o partecipazione in incubatori o acceleratori di startup, gestiti direttamente o indirettamente dall’azienda. Scopo delle iniziative è la creazione di spazi fisici in grado di facilitare lo sviluppo delle idee delle giovani società, fornendo loro strumenti ed indirizzi, procedure e relazioni utili a sviluppare il business di ciascuna realtà ospitata.

Un altro percorso molto rapido di ottenere “innovazione aperta” riguarda la possibilità di formalizzare accordi con partner esterni, tra imprese grandi e piccole, in cui spesso la grande impresa delega alla più piccola lo sviluppo di progetti innovativi, anche parziali. Multinazionali e imprese possono scegliere di avviare partnership tra loro o tra il modo imprenditoriale e le Università, i centri di ricerca o singoli ricercatori. Spesso accade poi che anche tra grandi aziende nascano accordi di collaborazione che poi possono sfociare in progetti di più alto respiro (si pensi al mercato delle autovetture), per raggiungere scopi comuni e/o co-innovando.

ACQUISIZIONI - M&A, il sistema più rapido e virtuoso

Il sistema più rapido e virtuoso è tuttavia, a nostro avviso, quello delle acquisizioni, ovvero il modello di crescita per linee esterne visto in ottica di innovazione di prodotti, processi (ed anche mercati, perché no..). L’acquisizione, da parte di Gruppi o Aziende, di startup, pmi innovative (e non) consente rapidamente di accedere all’open innovation. Molto spesso, se l’operazione è condotta con i giusti criteri, il compratore è in grado di acquisire non solo il controllo delle target a contenuto innovativo, ma anche tecnologie, competenze, esperienza di ex soci e dipendenti e collaboratori, per assicurare non solo la continuità della gestione precedente, ma anche per consentire la propria virtuosa contaminazione.