Sostenibilità delle imprese e nuova informativa contabile

Sostenibilità delle imprese e nuova informativa contabile

Negli ultimi anni il tema della sostenibilità ha assunto sempre più rilevanza nell’ambito della gestione corrente e delle politiche di investimento delle imprese, in ciò sollecitate dalla regolamentazione e dall’attenzione posta dagli investitori ai temi ambientali (Environment), alle problematiche dell’impatto sociale della loro attività (Social), alle forme dii governo (Governance) più adeguate ad interpretare e conciliare gli interessi dei diversi stakeholder.

Coniugare l’obiettivo di remunerazione degli azionisti con quello della sostenibilità ambientale, sociale e di governance significa riconoscere la responsabilità sociale dell’impresa e il suo essere espressione, non solo economica, di una pluralità di relazioni interne ed esterne. Si viene così ad affermare l’idea che le imprese “do well by doing good” quando assumono una prospettiva economica di medio e lungo termine in grado di valutare le esternalità dei propri comportamenti e di creare valore nei diversi ambiti relazionali della propria attività.

L’Unione europea si è caratterizzata come istituzione particolarmente attiva nel promuovere e dettare le regole per la sostenibilità delle imprese e per orientare verso obiettivi ESG gli investimenti finanziari.

L’insieme delle misure regolamentari che formano il Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile (EU’s Action Plan on Sustainable Finance del 2018) è stata la risposta europea agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e alla necessità di mobilizzare i capitali a favore di investimenti sostenibili. Tale Piano è stato integrato nel 2021 dalla pubblicazione della strategia in tema di finanza sostenibile (EU’s Sustainable Finance Strategy) con un ulteriore round di iniziative regolamentari.

Tra queste si segnala per importanza la Sustainable Financial Disclosure Regulations (SFDR), un insieme di regole definite nel dicembre del 2019 ed entrate in vigore nel marzo 2021 che richiede alle società di gestione dei patrimoni, ai consulenti finanziari e agli operatori che vendono prodotti assicurativi di fornire informazioni sui rischi ESG dei loro portafogli finanziari e di classificare i loro prodotti in ambiti caratterizzati da diversi requisiti informativi.

La principale finalità è contrastare il fenomeno del greenwashing[1] che, in assenza di regole comuni, ha portato ad una notevole disparità di comportamenti e a forme di comunicazione ingannevole dell’effettivo impegno degli operatori. La SFDR richiede che gli operatori siano trasparenti sui rischi di sostenibilità a livello di impresa e collegati ai loro investimenti e al tempo stesso che informino sull’impatto che gli investimenti potrebbero avere sui temi ESG. A questo fine la reportistica dei rischi ESG deve seguire uno schema informativo dettagliato e definito dalle regole chiamate “Principal Adverse Impacts”. I gestori devono classificare i fondi in tre categorie con diversi livelli di disclosure che variano in funzione dell’impegno verso gli obiettivi ESG[2].

Un secondo importante intervento regolamentare ha riguardato la tassonomia europea delle attività sostenibili (Taxonomy for Sustainable Activities) che definisce i criteri per la classificazione delle attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale. Il sistema di classificazione si raccorda pertanto alla SFDR contribuendo ad una maggiore analiticità dei parametri utilizzati nei report. La tassonomia individua sei obiettivi cui le imprese devono adeguarsi, contribuendo positivamente al raggiungimento di almeno un obiettivo senza pregiudicare i rimanenti.

Gli obiettivi sono:

(i) la mitigazione del cambiamento climatico;

(ii) l’adattamento al cambiamento climatico;

(iii) l’uso sostenibile e la protezione dell’acqua e delle risorse marine;

(iv) la transizione a una economia circolare;

(v) la prevenzione e il controllo dell’inquinamento;

(vi) la protezione e il ristabilire la biodiversità e gli ecosistemi.

Sono previste inoltre informazioni aggiuntive richieste alle imprese e ai gestori di patrimoni, riguardanti la quota di fatturato, degli investimenti o dei costi operativi delle grandi imprese non finanziarie collegate alle attività sostenibili dal punto di vista ambientale.

E‘ di tutta evidenza che le azioni intraprese per aumentare la trasparenza e il grado di affidabilità delle informazioni riguardino sì i prodotti finanziari e i gestori e consulenti finanziari, ma ancor prima le informazioni rilasciate dalle imprese. A questo fine la Commissione Europea ha integrato la normativa vigente[3] relativa alla rendicontazione non finanziaria delle imprese con la Direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)) recentemente approvata[4]. La revisione normativa origina dall’insoddisfazione per il comportamento delle imprese che non comunicano informazioni rilevanti su tutte le principali questioni attinenti alla sostenibilità, incluse le informazioni relative al clima, tra cui tutte le emissioni di gas a effetto serra e i fattori che incidono sulla biodiversità. Inoltre, anche qualora presenti, si è rilevata una limitata comparabilità e attendibilità delle informazioni sulla sostenibilità.

La nuova Direttiva introduce importanti novità nella rendicontazione delle imprese:

  1. a) estende la portata degli obblighi di informativa a tutte le imprese di grandi dimensioni e le imprese quotate (ad eccezione delle microimprese quotate in borsa);
  2. b) impone l'obbligo di certificazione delle informazioni sulla sostenibilità;
  3. c) specifica in maggior dettaglio le informazioni che le imprese dovrebbero comunicare;
  4. d) prevede che tutte le informazioni siano pubblicate nell'ambito delle relazioni sulla gestione redatte dalle imprese e siano divulgate in un formato digitale leggibile da un dispositivo automatico.

I report devono indicare i dati relativi all’impatto della loro attività e sulla loro attività degli obiettivi ESG e prendere in considerazione le loro politiche in materia di protezione dell’ambiente, diritti umani, salute, sicurezza, anti-corruzione, diversità dei consigli di amministrazione e parità di genere.

Con l’ampliamento del criterio di applicazione, le informazioni sulla sostenibilità saranno comunicate da circa 49 000 imprese (75 % del fatturato di tutte le società di capitali), rispetto alle attuali 11 600 (47 % del fatturato di tutte le società di capitali) che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva NFRD.

Nelle intenzioni del regolatore gli oneri informativi per le imprese troveranno compensazione nei benefici che derivano dalla segnalazione al mercato e ai numerosi stakeholders delle imprese da una informativa dettagliata sulla sostenibilità dell’attività svolta. Gli investitori, compresi i gestori di patrimoni, saranno nelle condizioni di poter comprendere meglio i rischi e le opportunità che il tema della sostenibilità presentano per i loro investimenti e l'impatto di tali investimenti sulle persone e sull'ambiente. Considerato che la gran parte degli investitori e gestori di patrimoni acquistano informazioni sulla sostenibilità da fornitori terzi di dati (tra cui le principali agenzie di rating), ci si attende che il maggior volume e la più elevata qualità delle informazioni nella rendicontazione delle imprese potranno rendere più attendibili le valutazioni ESG utilizzate per la costruzione dei portafogli finanziari. Per le imprese capaci di segnalare il proprio impegno verso la sostenibilità delle proprie attività ci si attende pertanto un vantaggio materiale in termini di maggiore disponibilità dei finanziamenti e di un minore costo del capitale.

I partner commerciali delle grandi imprese e delle quotate saranno a loro volta sollecitati a fornire informazioni sulla sostenibilità per comprendere, e all'occorrenza, comunicare, i propri rischi e impatti in termini di sostenibilità lungo tutte le proprie catene del valore. Più in generale, secondo gli intenti della Direttiva, la rendicontazione di sostenibilità potrà aiutare le imprese a individuare e gestire i rischi e le opportunità legati alle questioni di sostenibilità e rappresentare il presupposto per migliorare la loro reputazione

 

GENNAIO 2023

 

Note:

[1] Greenwashing è definita la pratica di ottenere un vantaggio competitivo sleale raccomandando un prodotto finanziario come rispettoso dell’ambiente o sostenibile, mentre di fatto esso non soddisfa le norme ambientali di base o altre norme in materia di sostenibilità (definizione tratta dal Regolamento Delegato (UE) 2022/1288)

[2] Ai sensi dell’articolo 2, punto 17, del regolamento (UE) 2019/2088, si intende per investimento sostenibile un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale o sociale, o un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate, a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese beneficiarie di tali investimenti rispettino prassi di buona governance. Il principio «non arrecare un danno significativo» è particolarmente importante per i prodotti finanziari che hanno come obiettivo investimenti sostenibili, poiché il rispetto di tale principio è un criterio necessario per valutare se un investimento raggiunga l’obiettivo di investimento sostenibile. Tale principio non si applica nel caso di prodotti finanziari che si limitano a promuovere caratteristiche ambientali o sociali.

[3] Direttiva 2014/95/UE Non-Financial Reporting Directive (NDFR).

[4] Il testo è stato pubblicato sulla GU dell’UE, L.322 del 16 dicembre 2022. Le norme introdotte dalla CSRD vedono una applicazione temporale progressiva. In particolare, le stesse saranno applicabili a partire dai bilanci relativi all'esercizio: (I) 2024 per le società già obbligate a pubblicare la DNF, (II) 2025 per le altre società di grandi dimensioni; (III) 2026 per le PMI quotate e (IV) 2028 per le filiali di imprese extra-UE.
Gli Stati membri sono nel frattempo obbligati a recepire la direttiva entro il 6 luglio 2024.